Uno schiaffo non obbliga l'addebito della separazione
Il soggetto schiaffeggiato dal coniuge è impossibilitato a pretendere l’addebito della separazione a carico del partner violento, a patto che il maltrattamento non funga da principale causa della rottura tra i due: questo quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con la sentenza numero 24473/15 dello scorso 2 dicembre, che accoglie in pieno il ricorso di un marito al quale la moglie aveva provato ad addebitare la separazione subito dopo essersi presa dallo stesso un manrovescio.
Nella situazione specifica, i Supremi magistrati hanno giustificano la loro decisione spiegando che la donna, essendosi rivelata incapace di dimostrare una connessione chiara tra lo schiaffo e la conclusione del rapporto, non ha potuto ottenere dall’ex alcuna dichiarazione di responsabilità: se la manata viene, infatti, interpretata come la mera conseguenza di un legame ormai logorato, non può in alcun modo spingere il giudice ad accogliere la richiesta di addebito.
Richiesta accettabile in tribunale soltanto nell’ipotesi in cui sia concretamente comprovata una solida relazione tra l’intollerabilità della convivenza dei due coniugi e quell’atteggiamento in qualsiasi caso considerabile come riprovevole che, tuttavia, per scaturire l’addebito di separazione a carico del marito, deve per l’appunto fungere da effettiva causa primaria di impossibilità a vivere sotto lo stesso tetto.
Se la moglie, invece di perdere tempo inutilmente a sottolineare in fase di giudizio l’atteggiamento offensivo e violento del partner, avesse provato a convincere i magistrati del fatto che prima della sberla ricevuta il legame era ancora salvabile e che proprio il gesto in sé ha sgretolato ogni possibilità di riconciliazione, con molte probabilità sarebbe forse riuscita ad addebitare la separazione al marito trovando il favore della Corte di Cassazione.
area consulenti
Focus